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Psicoterapia della Gestalt

La Psicoterapia della Gestalt nasce e si sviluppa alla fine degli anni ‘50 ad opera dello psicologo tedesco Fritz Perls.
La Gestalt non è soltanto un metodo di psicoterapia, ma una vera e propria “filosofia esistenziale”, un modo particolare di concepire i rapporti dell’essere umano con l’ambiente. La genialità di Perls consiste nell’aver elaborato una sintesi coerente di svariate correnti europee, americane ed orientali, quali la psicoanalisi tradizionale, la fenomenologia, l’esistenzialismo, il taoismo ed altre filosofie orientali, costituendo in tal modo una nuova “gestalt” (“forma” in tedesco), che emerge da uno sfondo e nella quale “il tutto è più dalla semplice somma delle parti”.
L’evoluzione del metodo moderno si deve ad un gruppo di allievi di Perls, tra cui spiccano in particolar modo i coniugi Miriam ed Erving Polster, fondatori del Gestalt Institute and Training Center di San Diego.
La terapia gestaltica, che è fortemente influenzata dagli studi della psicologia della forma così come dall’esistenzialismo e dalla fenomenologia, si basa su una serie di concetti semplici e fondamentali.
Uno dei concetti cardine della terapia della Gestalt è quello di “Contatto”. Esso può essere definito come la funzione che sintetizza il bisogno di unione e separazione e consente all’individuo di incontrare il mondo esterno in modo nutriente, in sostanza di realizzare nell’ambiente i suoi bisogni e le sue necessità. Il processo tra individuo e ambiente viene definito ciclo dell’esperienza chiamato a seconda degli autori, “ciclo del contatto” o “ciclo della soddisfazione dei bisogni” ed è costituito da una serie di fasi fondamentali. Questo ciclo non si svolge sempre in maniera regolare: per Perls e Goodman la patologia è lo studio dei rischi che si corrono durante l’aggiustamento creativo. Perls definisce il nevrotico come una persona che si dedica in modo cronico all’auto-interruzione. Queste perturbazioni del funzionamento dell’Io sono generalmente chiamate resistenze. Esse possono costituire dei meccanismi di difesa appropriati alla situazione o al contrario, dei rigidi blocchi anacronistici che provocano un funzionamento patologico di evitamento del contatto (con una parte di sé o con un’altra persona).
Osservare in che modo il paziente si auto-interrompe cronicamente all’interno del ciclo stesso dà informazioni importanti sul suo modo di “essere” nel mondo. Mentre infatti la capacità di interrompere il processo di contatto è considerata sana in quanto permette di adattarsi alle situazioni della vita, le interruzioni croniche e inconsapevoli si traducono inevitabilmente in disagio psicologico dal momento che i bisogni dell’individuo non possono trovare compimento. La psicoterapia, e in particolare lo spazio “magico” e protetto della relazione tra il terapeuta e il paziente, permette di aiutare il paziente a ritrovare se stesso e a proseguire il suo cammino verso la realizzazione di Sé.
L’avventura unica e straordinaria dell’autorealizzazione può arrestarsi o rendersi difficoltosa nel corso dell’esistenza per i motivi più vari e diversi (traumi del passato che non si è riusciti ad elaborare, critiche, ritiri di affetto, ferite, abbandoni, separazioni, malattie, tradimenti). Spesso nei momenti più cupi e traumatici le voci e le ferite del passato tornano a farsi sentire insieme alla rabbia, al dolore, all’ansia, all’aggressività, al senso di colpa o all’impotenza. Nella relazione terapeutica, così simile alle nostre prime esperienze d’amore e attaccamento, l’antico dolore del paziente viene rielaborato e rimesso in gioco.

Il terapeuta della Gestalt non se ne sta solamente seduto da una parte ad ascoltare il paziente, ma è interventista ed attivo, è immerso nella relazione “sta” insieme al paziente nella relazione, in quel preciso momento e in quel luogo, è lì per lui e con lui e al contempo è osservatore esterno del processo che sta avvenendo. E’ nella relazione, nel contatto profondo tra due anime che si creano le esperienze e le possibilità perché il paziente possa imparare a sperimentarsi nella relazione, a stare dentro di essa e nello stesso tempo fuori da essa, a conoscere la vicinanza e la separazione, a muoversi verso un nuovo senso di sé e della propria identità, ad attivare quel “guaritore interiore” che è dentro ognuno di noi. Come una guida, è a disposizione del paziente per accompagnarlo nella direzione che il paziente stesso sceglie e determina.
Sentire che esiste uno spazio e un tempo per riesumare antichi dolori e che esiste una relazione in cui questo è possibile e in cui ci si può sentire compresi, sostenuti, accolti permette di ritrovare la fiducia e di ripercorrere il cammino verso l’individuazione e la realizzazione di sé. La capacità di stare in relazione e di essere autonomi sta alla base del senso di Sé, dell’autostima, della fiducia nelle proprie possibilità.