AUTOSVEZZAMENTO: COME E QUANDO FARLO
Il metodo fondamentalmente si basa su tre principi: in primo luogo, il cibo è offerto al bambino nella sua forma naturale, piuttosto che ridotto in pappa liquida; al contrario dello svezzamento tradizionale, dove il cibo è opportunamente scelto evitando inizialmente alcuni prodotti con rischio allergizzante, in questa pratica non si segue una particolare selezione degli alimenti proposti. Secondariamente, il neonato è del tutto indipendente, si riesce a nutrire da solo, selezionando e afferrando l’alimento, fino a portarlo alla bocca con una soddisfazione più grande, di quella che avrebbe avuto dal cibo portato alla bocca dal genitore, con un cucchiaino. In terzo luogo, il bambino consuma alimenti quasi identici a quelli degli adulti, insieme al resto della famiglia, durante l’ora del pranzo per cui a poco a poco, gli diventano familiari: il piccolo può chiedere e ottenere piccoli assaggi di tutte le portate. Non c’è in questo caso una vera e propria selezione degli alimenti da far provare al bambino come accade nel metodo tradizionale. In questo modo, senza forzature, il bambino si adeguerà alla dieta e agli orari della famiglia, anticipando quello che inevitabilmente avverrebbe più tardi nella sua vita: il bambino mangerà, prima o poi quello che si mangia in famiglia, e con quelle abitudini alimentari passerà attraverso l’adolescenza e la vita adulta.
E’ fondamentale quindi che i genitori dall’inizio diano il buon esempio al bambino seguendo una corretta alimentazione.
E’ necessario aspettare i sei mesi circa prima di cominciare gli assaggi dei primi cibi solidi poiché in questo momento il fisico è pronto e non rischierà allergie, intolleranze, diarree, inalazione di corpi estranei. Tutti i lattanti, proprio intorno ai sei mesi, oltre a maturare le varie competenze motorie necessarie alla deglutizione dei cibi solidi, e quelle digestive, cominciano a presentare un’insaziabile curiosità e un comportamento imitativo sempre più vivace. Il momento opportuno per iniziare è al primo segnale d’interesse da parte del bambino al pasto dei grandi: gli si offre un piccolo assaggio di ciò che si sta mangiando e si smette quando il bambino non farà più richieste. Lo stesso si fa ai successivi pasti. Mentre iniziano gli assaggi, il bambino continua a prendere tranquillamente il suo latte, naturale o in formula. I primi assaggi cominciano senza una vera programmazione, potendo capitare anche in stretta vicinanza della poppata, sia prima che dopo. Nei primi tempi non cambierà nulla, ma pian piano che aumenta il cibo assunto da solo, le poppate vicino al pranzo e alla cena diventeranno sempre meno consistenti, fino a scomparire. In questo modo, ognuno con un proprio ritmo, i bambini si adeguano alle abitudini alimentari delle loro famiglie e anche se la famiglia si pranza e cena ad orari estremi non sarà necessario cambiare i ritmi e la durata dei pasti.
Aspetti positivi dell’autosvezzamento
L’autoalimentazione:
- si propone come un metodo che naturalmente stimola il bimbo nel suo cammino verso l’autonomia senza rendere traumatico il cambiamento. Si fa in modo di rispettare sempre la volontà del bambino che decide se mangiare o meno e la quantità di cibo che vuole assumere;
- sembra predisporre il bambino ad accettare più facilmente diversi sapori dei cibi che gli vengono proposti;
- è associato anche con una maggiore durata dell’allattamento materno poichè ritarda l’introduzione degli alimenti complementari fino ad almeno sei mesi, quando il bambino appare più pronto a ricevere il nuovo cibo;
- introduce un modello sociale di pasto in contrasto con le pappe che di norma richiedono un pasto separato e cibi diversi dal resto della famiglia e inoltre la partecipazione del piccolo ai pasti in famiglia gratifica molto il bambino;
- fornisce alimenti come sono integralmente, molto nutrienti e densi rispetto alle pappe contenenti bassissima densità di nutrienti e le piccole quantità assunte nelle prime settimane contribuiscono relativamente poco a soddisfare le esigenze di un bambino.
Aspetti negativi dell’Autosvezzamento
La funzione dello svezzamento è quella di integrare i fabbisogni nutrizionali del lattante nel secondo semestre di vita poiché il solo latte materno non è più sufficiente a soddisfare adeguatamente alcuni fabbisogni nutrizionali del bambino come ad esempio l’apporto di ferro, zinco, proteine e vitamine.
L’autoalimentazione:
- non permette di soddisfare i bisogni nutrizionali del bambino, perché seguendo la volontà del bambino il processo può richiedere molto tempo e il bambino crescendo aumenta i suoi fabbisogni;
- non fornisce necessariamente i nutrienti di cui il bambino ha bisogno (anche se la famiglia fornisce un pasto adeguato nutrizionalmente, il bambino sceglie in base alle sue preferenze);
- non è sufficientemente supportato dal punto di vista scientifico che ne esamina a fondo la sicurezza e la completezza nutrizionale del metodo;
- può facilmente portare il genitore a commettere errori alimentari determinando un inadeguato apporto di nutrienti e quindi una alterazione della crescita del bambino stesso specialmente se si protrae per tempi relativamente lunghi
- è sconsigliata nei bambini nati pretermine, oppure per quei bambini per cui è noto un ritardo nello sviluppo.
L’autosvezzamento è una pratica indubbiamente valida e gradita dai bambini e dai genitori che elimina molti dei problemi che possono incontrare al momento dello svezzamento ma in mancanza di dati più certi sulla reale efficacia consiglierei di integrarlo con un approccio tradizionale non troppo incalzante.
La politica di promuovere l’autoalimentazione e pasti in famiglia in parallelo all’alimentazione che prevede uno svezzamento tradizionale potrebbe essere più realistica.
Dott.ssa Monia D’Amico Biologa Nutrizionista 3476003990